DIRITTI DELL’UOMO INTERVISTA
Intolleranza: il fattore storico
Un’intervista con il Prof. Italo Mereu, docente presso la Facoltà di Giurisprudenza della LUISS – Libera Università di Studi Sociali
Questa intervista e quelle che seguiranno nei prossimi numeri di Diritti dell’Uomo, trattano i soggetti su cui si fondano l’intolleranza e la discriminazione religiosa nel nostro e in altri paesi.
I commenti e i contributi dei lettori su questi temi sono, come sempre, benvenuti.
Diritti dell’Uomo: Leggendo oggi il suo libro ’Storia delle intolleranze in Europa’, pubblicato circa vent’anni fa, i temi e gli argomenti storici da lei trattati sembrano riferirsi a delle situazioni attuali in alcuni paesi europei. Quali sono, secondo lei i fattori che hanno favorito in passato e che ancora oggi favoriscono la richiesta di misure restrittive nei confronti delle minoranze religiose?
Mereu: L’intolleranza resta ancora l’elemento dominante oggi; non c’è niente da dire. E perché non c’è niente da dire. Se andiamo a vedere, troviamo che è sempre esistita. Basta pensare a quello che ha detto il Cardinal Ruini, per esempio, che vuole che i Cattolici abbiano la precedenza sugli altri, un concetto di intolleranza o di tolleranza mascherata. L’Europa, forse anche il mondo, non riesce ancora ad uscire da questo concetto: che la giustizia, la verità appartiene solo a certi popoli privilegiati e gli altri devono subire. Il discorso dell’uguaglianza è un concetto che non esiste nella verità effettuale, esiste soltanto teoricamente.
Questa è la battaglia che io cerco di portare avanti. Se guardiamo le cose da questo punto di vista, allora evidentemente si possono trovare in molti stati europei, in molti stati mondiali le condizioni oggettive per cui c’è solo un popolo che comanda e gli altri debbono ubbidire o ci sono certe classi che comandano e le altri ubbidiscono; c’è questo livellamento assoluto. Quindi, le ideologie religiose o politiche che proclamano l’uguaglianza sono tali solo sul piano ideologico; sul piano dell’effettività, che è quella che conta, non realizzano niente. I fattori sono sempre gli stessi.
Dopo si comincia a capire che tutte le legislazioni contro gli Ebrei che ci sono state sempre in Europa o la legislazione contro gli altri, contro le minoranze Protestanti, minoranze Valdesi, eccetera, sono sempre espressione di una classe dirigente che crede di essere portatrice dell’assoluto, della verità assoluta. Secondo me c’è questa idea di intolleranza che è mascherata, ha varie forme; anzi, l’intolleranza ha un modo di presentarsi più subdolo, direi, quando si presenta sotto la veste cattolica che non di tolleranza. Perché sulla parola ‘tolleranza’ bisogna intendersi.
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“Uno degli istituti più interessanti del diritto italiano, e direi anche del diritto canonico, che poi è quello che ha influito molto sul diritto italiano, è quello che io chiamo ‘la normativa rinnegante’: quando mettiamo nello stesso contesto normativo, o vicino l’uno all’altro, un concetto e il suo contrario.”
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Esiste la tolleranza in senso cattolico. La tolleranza in senso cattolico è quella individuata da S. Agostino, il quale parlando della prostituzione, dice che bisogna tollerare le prostitute perché, altrimenti, si darebbe spazio all’omosessualità, e quindi piuttosto che avere uomini omosessuali, si possono tollerare prostitute. Quindi, questo è il concetto di tolleranza che S. Agostino avanzava. Questo concetto di tolleranza è stato ripreso da S. Tommaso e ne ha elaborato il concetto di tolleranza come male minore. Quindi, citando S. Agostino ed elaborando questo concetto di S. Agostino, si arriva a dire: “Bisogna tollerare questo perché è il male minore.” Ciò non toglie, però che, al fondo e dietro questo concetto, c’è sempre quello di intolleranza. È un concetto comune, anche oggi. Tanto è vero che il legislatore, francese e italiano, ha chiamato ‘case di tolleranza’ i postriboli, seguendo questa concezione del tollerare di S. Agostino.
Poi c’è un secondo modo di parlare di tolleranza, che è quello di Locke, che dice: “Si può essere tolleranti soltanto con chi è tollerante come noi.” E quindi per essere tolleranti, bisogna tollerare. E quindi non si può essere tolleranti, per esempio, con i papisti, con i cattolici, perché, se loro riescono a prendere il potere, ci eliminano e quindi non dobbiamo essere tolleranti con loro.
C’è, infine il terzo concetto di tolleranza, che è quello di Voltaire, che è quello più importante, secondo me. Cioè Voltaire che dice: “Siamo tutti dei poveri disgraziati, ognuno è debole, ognuno sa i propri limiti, dobbiamo reciprocamente sopportarci, reciprocamente aiutarci, perché è solo in questo reciproco aiuto che consiste la libertà e il domani migliore per tutti.” Sono tre diversi concetti che esprimono la parola ‘tolleranza’. È evidente che quando si parla di tolleranza, bisogna vedere in quale contesto viene usata. Però di solito lo si usa nel primo contesto, che è quello “tolleranza uguale tolleranza mancata”.
Diritti dell’Uomo: Certo, lei pensa che questi segnali di nuova legislazione e comunque di misure restrittive nei confronti di minoranze religiose non siano un segno di paura, oltre che di intolleranza, da parte di chi li propone? Paura di cosa e di chi?
Mereu: Certo. Paura di perdere il potere – la paura è solo quella. La paura è di perdere il potere. Qui la paura è evidente. È la paura soltanto di non occupare più certe posizioni, di perdere il potere. Quindi, non sono paure mitiche o magiche, sono paure concrete e precise, che hanno un riscontro.
Diritti dell’Uomo: Lei ha parlato di ‘intolleranza istituzionalizzata’. Si possono considerare tali le recentissime proposte di legge italiane per ‘sorvegliare’ le minoranze religiose e reintrodurre il reato di plagio, sul modello di quelle francesi scaturite dal lavoro della commissione di Alain Vivien?
Mereu: Sì. Se non è intolleranza istituzionale questa, vorrei sapere che qual è l’intolleranza! Soltanto che usiamo l’ipocrisia, tanto da chiamarla ‘plagio’. E questo perché? Perché oggi mettersi a perseguitare i seguaci di una religione perché è minoritaria è un po’ difficile. E allora che cosa si fa? Si dice, di fronte all’opinione pubblica, che sono ‘plagiati’, che sono bambini ‘plagiati’ o esseri ‘plagiati’, ed evidentemente, siccome il plagio è un reato, si ricorre al diritto penale. Anche perché, il diritto penale, sotto questo punto di vista, è stato l’arma vincente che è sempre stata usata, vincente. Quando non possono reagire in un altro modo, ci si serve sempre della legge penale, perché la legge penale è quella che può sempre fare piazza pulita di tutto. Per esempio oggi, invece di perseguitare uno perché ha certe idee politiche, lo si perseguita perché, non so, non ha pagato certe tasse, ha fatto determinate azioni; si ricorre al diritto penale per cercare di metter fuori legge.
Diritti dell’Uomo: Queste proposte sembrano avere una tendenza contraria a quella del governo che, recentemente, ha siglato l’intesa con Buddisti e Testimoni di Geova, quindi, c’è questa doppia anima...
Mereu: Sì, ma in Italia non deve meravigliare, in Italia la doppia anima c’è sempre. Noi siamo la terra che ha inventato la Controriforma. L’unica forma politica italiana è la controriforma: dire una cosa e il suo contrario.
Uno degli istituti più interessanti dell’Italia, del diritto italiano, e direi anche del diritto canonico, che poi è quello che ha influito molto sul diritto italiano, è quello che io chiamo ‘la normativa rinnegante’: quando mettiamo nello stesso contesto normativo, o vicino l’uno all’altro, un concetto e il suo contrario. Ad esempio, nel VI libro di diritto di Bonifacio VIII, è detto “Nullum delictum sine culpa nisi sine causa” – ‘Nessun delitto senza colpevolezza, a meno che non ci sia una causa’, a meno che non ci sia una causa; che cosa vuol dire: “Nullum delictum sine culpa”, ‘Nessun delitto senza colpevolezza’; con questo si annuncia un grande principio: per essere puniti bisogna aver commesso un reato, responsabilmente un reato, però, con quel ‘nisi’ rinnegante, si rimedia subito: ‘a meno che non ci sia una causa’; e la causa può essere qualunque, perché ‘pro causa’ si può uccidere anche un bambino in un centro, capito?
Un esempio italiano, che io porto sempre, di normativa rinnegante, è quello dell’articolo 11 dello Statuto Albertino, in cui si enuncia la libertà di stampa e la si enuncia con queste parole: “La stampa sarà libera, ma soggetta a leggi repressive.” Insomma, una stampa libera, ma soggetta a leggi repressive!!
Ma anche l’articolo 200, dell’odierno codice di procedura penale, ultimo comma, quando si parla della libertà del segreto professionale, si dice che gli avvocati, i medici, i preti, i notai, anche i giornalisti hanno diritto al segreto professionale, però, se il giudice che sta istruendo l’inchiesta ha bisogno di conoscere la fonte delle loro notizie, ordina al giornalista di comunicargliela; che segreto professionale è? Un segreto professionale che è sottoposto all’ordine del pubblico ministero. Ecco cos’è quando parlo di ‘normativa rinnegante’. Finché noi diciamo leggi equivoche, leggi poco chiare, non si dice con chiarezza niente. No, queste non sono leggi poco chiare, sono leggi chiarissime! Quando c’è la normativa rinnegante, sono leggi che denotano che il potere politico si riserva di vedere come agire e come interpretare.
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