“La nostra umanità è in pericolo,” ha detto Rahaf, giovane delegato dall’Arabia Saudita al 13° summit annuale Internazionale sui Diritti Umani tenuto presso la sede delle Nazioni Unite a New York nell’agosto del 2016. “Veniamo segregati, etichettati per la nostra religione, razza, sesso e nazionalità. La nostra unità dipende dalla nostra umanità”, ha continuato. “È nostro compito insegnare e mettere in pratica la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”.
Rahaf era uno dei 72 giovani provenienti da 41 nazioni che sono stati scelti come delegati al summit, istituito da Gioventù per i Diritti Umani Internazionale (Youth for Human Rights International, YHRI), la componente giovanile di Uniti per i Diritti Umani, organizzazione globale senza scopo di lucro.
Fondata a Los Angeles nel 2001, la YHRI ha ora più di 100 filiali e distribuisce i suoi premiati materiali didattici a 195 paesi in 21 lingue. I suoi giovani membri gestiscono le filiali e organizzano iniziative all’insegna dei diritti umani in varie nazioni del mondo.
Naturalmente, nessun paese è immune da violazioni dei diritti umani. Infatti, il regista Ronald Lang parlò ai delegati e ai più di 400 ospiti riguardo al suo nuovo film che mette a nudo gli orrori della tratta degli esseri umani, che “succede in tutto il mondo, persino qui a New York dietro l’angolo, per così dire, e dobbiamo porvi un freno”, sottolinea Lang.
Impegnandosi a fare proprio questo e anche a sradicare altre violazioni dei diritti umani, i delegati hanno presentato il loro lavoro ai propri coetanei e a decine di diplomatici di Missioni Permanenti per l’ONU – in rappresentanza di nazioni dall’Australia, la Costa Rica e la Danimarca al Libano, la Liberia e la Polonia – nonché vari luminari dei diritti umani.
Innumerevoli persone in tutto il mondo potrebbero persino non rendersi conto che i loro diritti stanno venendo violati.
Vineet Kapoor, consigliere della polizia e aiutante di campo del governatore di Madhya Pradesh, in India, ha detto che le persone più in pericolo sono quelle “obbligate ai lavori forzati, in ambienti lavorativi rischiosi, vulnerabili alla tratta umana, privati di un’istruzione scolastica o universitaria, … che vivono in estrema povertà e privazione e coloro che non hanno famiglia e non possono contare sul sostegno della comunità per il proprio benessere”.
Miriam, la delegata armena, ha detto al gruppo che le persone forti devono “far sentire la propria voce a nome di coloro le cui voci sono state messe a tacere, coloro che temono di parlare per paura di persecuzione. Dobbiamo imparare ad accettare le nostre differenze, invece di cercare di far rientrare tutti nello stesso stampo”.
Con questo scopo, e i materiali educativi di Gioventù per i Diritti Umani per realizzarlo, i delegati sono tornati in patria per continuare la propria missione nel corso del 2017.